Dal Valico di Fossato a Val di Ranco (Sentiero 9: “Le Creste”)
Caratteristiche dell’itinerario
Lunghezza: 8 km solo andata
Dislivello max: 475 m
Tempo percorrenza: 5ore solo andata (comprese alcune soste)
Difficoltà: E
Presenza acqua: no
Sulla strada che da Fossato conduce a Fabriano, subito dopo la galleria della “Madonnella” si sale verso il Valico di Fossato. Qui, lasciata la macchina presso il Rifugio “Il Valico”, inizia l’itinerario che attraverso le vette del Sasso Grande , della Cima Filetta, del M. Patriozzo, del M. Testagrossa e del Montarone giunge fino alla Val di Ranco. Si inizia salendo attraverso la pineta di pino nero (Pinus nigra) frutto del rimboschimento operato dall’uomo. Dopo un breve e faticoso tratto, si esce allo scoperto, su verdi ed estesi prati; si continua quindi fino a raggiungere una piccola vetta (832m) dalla quale si apre uno spettacolo gradevole ed avvincente: grandi spazi aperti sfumano all’orizzonte in cime dolci sulle quali dominano altre più aspre. Ad ovest la vasta e rilassante Valle del Chiascio delimitata dalle sue colline basse e sinuose, con gli abitati di Purello, Sigillo, Scirca e Costacciaro, ad est la valle del Giano e sullo sfondo l’Appennino marchigiano dominato dal Monte San Vicino.
Alle spalle lasciamo Colle Aiale, Cima Mutali, Monte Maggio, mentre di fronte appare un accavallarsi di vette sulle quali domina il Massiccio calcareo del M.Cucco. La vista che si apre è solo un anticipo dei vasti, incantevoli orizzonti, dove l’escursionista potrà immergersi, liberando la fantasia e l’immaginazione in un panorama che coglie il senso dell’infinito. Da qui si comincia a discendere, in uno scenario di prati punteggiati di piccoli alberi e di tratti di bosco che hanno riconquistato i pascoli disboscati. E’ interessante ricordare che proprio in questo luogo, a cavallo tra l’Umbria e le Marche, secondo alcuni storici, sorgeva l’originaria sede dell’Abbazia di S. Maria d’Appennino, testimonianza della fervida vocazione al monachesimo diffusa in tutto il territorio del Parco (vedi percorso n.6). Il sentiero continua a scendere entrando in territorio marchigiano, proseguendo per prati pascolo ricchi di straordinarie fioriture, fino a giungere nei pressi del Passo di Chiaromonte (910m), luogo strategico e di importanza storica, in quanto punto di incontro tra Umbri e Marchigiani e punto di snodo dell’antico Diverticulum ab Helvillo-Anconam (vedi percorso n.7). Da qui si comincia decisamente a salire fino al Sasso Grande (1030m), su pascoli aridi e magri adatti all’attecchimento di calcatreppolo (Eryngium amethystinum), carlina (Carlina acaulis), vedovelle (Globularia meridionalis). Sul versante occidentale del Monte della Rocca di particolare interesse è la presenza di uno degli ultimi lembi di bosco di lecci. D’ora in poi il sentiero decorre sul confine tra Umbria e Marche, in direzione N-NE, lungo i crinali dei monti e delle valli di questo tratto dell’Appennino Umbro-Marchigiano, regalandoci ancora splendide viste panoramiche su entrambi i versanti.
Dal Sasso Grande si continua a salire verso Cima Filetta (1120m), per poi scendere appena, con andatura piacevole, nell’amena valle interposta tra quest’ultima e il M.Patriozzo ( 1124m). In direzione W, sotto, c’è Sigillo e le cime del Monte Le Cese (dove resiste un centenario bosco di faggi e carpini bianchi) e il M. Nofegge. Si continua fino al M. Testagrossa (1175m) e da questo al Montarone (1208m) dove lo spettacolo è piuttosto infelice per la presenza del ripetitore.
Si è quasi giunti al punto di arrivo, discendendo tra prati e tratti boscati si arriva alla ben nota Val di Ranco, luogo di ristoro anche grazie alla presenza di bar e ristoranti.
L’intero percorso, soprattutto in primavera ed in estate, è un giardino naturale, dove vivono fiori dai colori intensi e vivaci, talora rari e leggendari come le bellissime orchidee (Dacthyloriza sambucina, Orchis mascula, Orchis simia ed altre), mentre intorno antichi boschi di faggi degradano verso il basso in boschi misti di carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus) e cerro(Quercus cerris) sui versanti più freschi e roverelle(Quercus pubescens) su quelli più caldi. In molti spazi si notano rimboschimenti a pino nero effettuati per permettere una ricolonizzazione del bosco in aree un tempo sfruttate per il pascolo e l’agricoltura.